LAZZARO IN RIPRESA DI VENTI

LAZZARO IN RIPRESA DI VENTI

Lunedì 22 settembre ore 21.00
GOETHE-INSTITUT | Roma
Auditorium
CONCERTO
Derive su sculture di suono di Mario Bertoncini
Arpa Circolare, Die Lyra des Aeolus, Kathedrale, Grande spirale
LAZZARO Alice Cortegiani, Marco Di Gasbarro, Giuseppe Silvi, Davide Tedesco, Leonardo Zaccone

L’eredità di un grande poeta è sottrattiva. Sottratti tutti i suoni inutili, le parole che restano, sono pietre. LAZZARO, consapevole di raccogliere reliquie di un’utopia, si concede a esplorazioni le cui finalità sono derive: tre Istantanee, il ciclo completo dell’arpa che attraversa il tempo, attraversata dal vento in cerca delle sue voci; Streichquartett n.1, messaggio nella bottiglia per cercatori del futuro; Ripresa di Venti, risveglia i corpi di un progetto orchestrale mai compiuto. Ogni lavoro di Mario Bertoncini è un dispositivo senza tempo, come il vento, e che solo il vento può insegnare ad ascoltare.

MARIO BERTONCINI

Istantanee I (1995)
per nastro magnetico

Istantanee II (2005)
Arpa eolia per un "esecutore"

Istantanee III (2008)
Arpa eolia per un "esecutore" e manipolazione elettroacustica in tempo reale

Streichquartett n. 1 - Die Lyra des Aeolus (1992)
per quattro generatori acustici di suono e quattro es.

Ripresa di Venti (1982-2025)
per tre sculture di suono da Venti, cinque "esecutori" 

ISTANTANEE I (1995) arpa eolia circolare esposta al vento
Nel parco del castello di Trebnitz, nell’estate del 1995, un compositore dispose un cerchio di mille e duecento corde metalliche e lo consegnò al vento. Il cronista annota: alle 14:27 un cane abbaiò nella distanza, alle 14:31 uno stormo di uccelli attraversò il cielo, alle 14:33 un coleottero urtò la cordiera. Tuttavia, l’arpa era già la biblioteca di tutte le possibili voci dell’inannotabile vento: il compositore aveva costruito il leggio perfetto su cui l’aria, per la prima volta, poteva leggere se stessa.

ISTANTANEE II (2006) arpa eolia, per un «esecutore»
Un decennio dopo il primo scatto, lo stesso cerchio metallico attende in una sala. Ora è l’uomo a interrogare l’arpa: con aria compressa a due bar, con ventole, con il proprio fiato. L’esecutore non improvvisa - segue, trova le tracce di proporzioni auree calcolate sulla durata del vento di Trebnitz, legge l’Eco di Ovidio, tra le corde. Il gesto umano dialoga con la memoria dell’oggetto, che ricorda ancora tutte le voci possibili del vento nei tre modi del respirare: la
forma emerge nell’ascolto.

ISTANTANEE III (2008) arpa eolia, per un «esecutore» e manipolazione elettroacustica in tempo reale
Roma, 2008. L’arpa, l’esecutore, l’elaborazione elettronica in tempo reale, sono i soggetti inquadrati nell’ultima foto: il risuonare del 1995, il dissolversi del gesto del 2006, la metamorfosi del 2008. Un gioco di specchi temporali molto sofisticato: tre luoghi, tre tempi, tre modi di leggere lo stesso testo scritto nelle corde metalliche. Il cerchio si chiude nell’istante lungo un tempo in cui «...la voce rimane; si dice che le ossa abbiano preso la forma della pietra.

STREICHQUARTETT n. 1 “Die Lyra des Aeolus” (1992) per quattro generatori acustici di suono e quattro «esecutori»
Come in una distorsione spazio-temporale, si osserva il modello del quartetto classico attraverso quattro oggetti sonori costruiti secondo le proporzioni degli archi tradizionali. Die Lyra des Aeolus: al posto delle corde, barre metalliche di acciaio e ottone: cinque per i "violini", sei per la "viola", sette per il "violoncello". Barre che vibrano inarmonicamente, imprevedibili. La partitura volteggia tra tradizione e utopia, fino al quarto movimento dove gli ugelli d’aria compressa restituiscono gli oggetti al loro dio: Eolo, signore dei venti.

RIPRESA DI VENTI (2025) per tre sculture di suono da Venti, cinque «esecutori»
Dal sogno impossibile di quaranta esecutori e venti sculture eoliche (Venti 1982) emerge oggi un frammento vitale: tre oggetti storici - la Kathedrale, l’Arpa Circolare e la grande Spirale - risvegliano la memoria di quell’utopia orchestrale mai compiuta. Come archeologi del suono, i cinque interpreti esplorano i resti di un progetto che voleva evocare ogni vento. Ogni gesto diventa lettura di una partitura scritta nel metallo, ogni respiro un dialogo con l’aria che da sempre attraversa queste forme.

MARIO BERTONCINI (1932-2019)
Compositore di utopie sonore, suonava il pianoforte così egregiamente da poter dire, sorridendo, che non era un pianista. Figura rara, di un estremo bilanciamento tra homo faber e homo sapiens, le sue parole riuscivano ad essere più pesanti dei suoi strumenti. Nato troppo tardi per poter diventare Maestro di Bottega, scomparso troppo presto per avere LAZZARO a Bottega. Mario, piegando parole, scrivendo intrecci di metallo, ha celato forme musicali potenziali per tutta la vita.

LAZZARO (2023-Vivente)
Nella tipica piccolezza della rincorsa ai primati musicali, LAZZARO è l’ultimo. L’ultimo allievo del Maestro Mario Bertoncini. L’ultimo, quello che nessun grande maestro vorrebbe, quello dell’ultimo banco. Quello che dorme durante l’ora di religione e scalpita a Musica, e si alza, e cammina. Quello che ha compreso che stare a scuola da Bertoncini significa saper fare le giuste domande alle risposte che il suono ha già dato. Studia contrappunto sulla quarantaduesima isofonica con Walter Branchi e autopoiesi con Luigi Nono.

Ringraziamenti
Questo concerto è reso possibile dal sostegno della Fondazione Isabella Scelsi, custode di utopie sonore e mecenate di ricerche musicali che interrogano i confini dell’udibile. Un ringraziamento speciale a Valeska Bertoncini, Erede e Curatrice del Fondo Mario Bertoncini, per aver condiviso con fiducia e generosità l’eredità del Maestro, permettendo agli interpreti di farsi archeologi di suono. Al Festival ArteScienza per aver creduto che l’arte sia sempre, inevitabilmente, una forma di ricerca, e che la ricerca sia sempre, quando è onesta, una forma d’arte.